03/05/16

ADRIATIC FOR THE PEOPLE

- Frequenze old school -



Se la scena Afro/Cosmic romagnola ha ottenuto un riconoscimento internazionale importante (seppur tardivo), gran parte del merito va attribuito a Louise Oldfield.

Mai sentita nominare?
Può darsi.

Lei, inglese, ha vissuto di persona la Romagna di quegli anni facendo la ballerina nei locali di Rimini e Riccione.

Lei, la chiave, o meglio l’ospite che ha portato in patria quell’infezione cercando negli anni di raccontarla a diverse riviste specializzate, ricevendo in cambio solo dei “no, grazie”.
Fino al 2002, poi le famose cassettine han fatto il resto.

Questa è la sua storia (e un pò anche la nostra)


An Italian Music Scene: “Afro/Cosmic”
di Louise Oldfield
(via expostmagazine.com)

Nella primavera del 1994 mi sono trasferita in Italia.
Avevo 23 anni e lavoravo come ballerina in diversi locali notturni tra Rimini e Riccione, sulla riviera romagnola.
Fin da subito ho percepito un sound diverso e una tecnica di mixaggio altrettanto surreale; qualcosa di unico, mai sentito prima. Almeno non in Inghilterra. Tra l'altro nulla di estemporaneo, ma un vero e proprio movimento.

Curiosamente, la stampa musicale inglese, sempre attenta a costumi e tendenze musicali, ne era completamente all’oscuro.
Com’è possibile che una scena natà a metà degli anni ’70, cosi radicata e influente, sia passata sotto i radar inglesi senza venire documentata?
Non una riga.
Il nulla.

(da Last Night a Dj Saved My Life: The History of the Disc Jockey)

Di Bill Brewster ultima edizione

Così, sul finire del 1994 ho spedito un articolo alla rivista The Face, prontamente rifiutato con un cordiale “grazie”, ma “no, grazie”.
Mi ci vollero altri 8 anni per pubblicarlo sulla ormai defunta rivista 7 Magazine.

Finalmente il genio era fuori dalla lampada.

Da li a poco l’articolo è stato fotocopiato e diffuso sui forum.
La gente ha iniziato la caccia ai mix-tape e a conoscere i nomi di quei ragazzi dal talento incredibile.

Finchè, la scorsa settimana, sono stata a Londra, per l'inaugrazione della mostra Radical Disco all’Institute Of Contemporary Arts, dedicata all’architettura e alla vita notturna italiana tra il 1965 e il 1975.
Ai piatti c’era una memoria storia del djing come Bill Brewster impegnato in un set cosmic.

In quell’istante ho sentito chiudersi il cerchio.




1 commento:

marco bonafini ha detto...

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